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Nell'inverno del 1972, a New York, Nadia vive reclusa in una casa vuota, a fare i conti con la solitudine dopo un abbandono e con le difficoltà del suo mestiere di scrittrice. L'incontro di una sola notte con un giovane poeta cileno le cambierà la vita: lui decide di tornare in Cile, dove verrà inghiottito dalle carceri di Pinochet, ma lascia in eredità a Nadia un'enorme scrivania, dotata di diciannove piccoli cassetti, uno dei quali impossibile da aprire. Forse è la stessa scrivania su cui sta cercando di mettere le mani da sessant'anni un antiquario di Gerusalemme, nel tentativo di ricostruire, pezzo dopo pezzo, lo studio del padre, saccheggiato dai nazisti a Budapest nel 1944. E per un periodo sembra essere appartenuta anche a un'altra scrittrice, Lotte Berg, fuggita a Londra dalla Germania nazista, che in quei cassettini nascondeva al marito un terribile segreto. Una scrivania che unisce destini lontani, che con la sua ingombrante presenza o la sua insopportabile assenza incarna ricordi, rimpianti e debolezze, e diventa il simbolo di tutto ciò che riusciamo o non riusciamo a trasmettere alle persone che amiamo.